La cultura Poku di Takashi Murakami tra Pop Art e Otaku

C'è chi lo considera l'Andy Warhol giapponese, riconducendolo alla pop art americana. Eppure quest'affermazione potrebbe risultare fuorviante per chi non conosce l'arte di Takashi Murakami ma anche riduttiva per coloro che, al contrario, sanno di cosa e di chi si sta parlando.

Takashi Murakami è pittore e scultore, un artista a trecentosessanta gradi, che ha fatto della sua arte un momento di riflessione sul legame tra cultura giapponese e occidentale, nonché tra cultura Otaku e pop art. La sua attività artistica e creativa spazia dalle sculture e dipinti, che lo hanno reso celebre in tutto il mondo, ad una vasta gamma di oggetti di consumo prodotti sia per la propria etichetta Kaikai Kiki sia per case di moda come Louis Vuitton. L'arte di  Murakami affonda le radici in una filosofia atta ad indagare le ragioni culturali come fondamenta del suo Paese e lo sviluppo di queste nel corso dei secoli. 

Come ha affermato Murakami in un'intervista del 2000 al Journal of Contemporary art, in seguito alla lettura di un saggio di  Amino Yoshihiko, l'idea di arte si è diffusa nel periodo Meiji quando il Paese si è aperto verso l'Occidente, scoprendo così che l'arte in sé non era solo intrattenimento ma molto di più. Tuttavia, secondo l'artista, il Giappone non è riuscito a scindere l'arte alta da quella bassa provenienti dall'Occidente e, di conseguenza, non è riuscito a creare un'identità artista che lo caratterizzasse. Murakami afferma quindi che il Giappone si è presentato come un surrogato di tutto ciò che proveniva dall'Occidente con le forme d'arte orientali accettate dalla maggior parte della popolazioni le quali, spesso, appaiono come via di fuga da una realtà pesante da affrontare.

In quest'ottica Murakami abbraccia il mondo Otaku e tutti coloro che lo popolano, ovvero chi è appassionato di anime e manga. La cultura Otaku è popolata da gente discriminata ed emarginata dalla società per i più svariati motivi. Queste persone trovano la loro ancora di salvezza rifugiandosi in questa forme d'arte colorata e affascinante, nonostante i suoi risvolti eccessivi, misteriosi e poco definiti. Una delle ragioni, forse la principale, per cui Murakami rappresenta la cultura Otaku viene dall'ignoranza del pubblico verso questo mondo: secondo l'artista la maggior parte delle persone non amano gli Otaku perché non hanno informazioni sufficienti su di essi. Ecco che, dal 1993, la pittura e la scultura di Murakami fanno da portavoce, aprendo le porte ad un cultura che potrebbe essere alla base di una nuova forma di pensiero. 

Voyeurismo ed estetica portati ai limiti dell'immaginazione, erotismo impastato di malcelata ingenuità, rappresentazione di situazioni rocambolesche ed enfatiche ma anche surreali:  tutto ciò si staglia su uno sfondo colorato e caotico. Pop art e Otaku culture si fondono nei dipinti, nelle sculture e negli oggetti di consumo di Murakami. Nasce quindi il termine, da lui coniato, di cultura Poku: un laboratorio di sperimentazione dove le forme d'arte sopra citate, con la creatività di Murakami e degli artisti di cui si circonda, formano una miscela esplosiva come le ragazze in stile manga presentate provocatoriamente ad una società che, dietro ai volti serafici e ai comportamenti controllati, cela sentimenti, turbamenti e dubbi che disorientano l'animo di ogni popolo.

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