Mauro Covacich, Di chi è questo cuore

Tra le pieghe del libro di Mauro Covacich, Di chi è questo cuore (La Nave di Teseo), inserito tra i dodici candidati al Premio Strega, si legge una storia di cuori desolati, di persone fragili che vagano in una Roma abbandonata. Un flusso di pensieri, quello dell'autore che si confonde con il narratore, che vuole essere lo specchio di un quotidiano mal di vivere che accresce la distanza, l'incomunicabilità, la diffidenza tra il narratore stesso e le persone che lo circondano.


Amabile podista, il narratore si trova ben presto alle prese con una complicazione cardiaca che non accenna ad arrestarsi. E' questo il momento in cui dovrà fare conti con nuove abitudini, nuovi impegni quotidiani e, talvolta, nuovi volti alcuni dei quali andranno a popolare le sue fantasie mentre altri saranno il pretesto per una più ampia e approfondita analisi sull'animo umano.

L'animo umano è il crogiolo entro il quale i sentimenti si dipanano andando a definire l'individuo: "diventare individui richiede uno sforzo spesso insostenibile, significa rispondere a un appello. Non a caso veniamo al mondo con un nome, che è già lì, pronto ad aspettarci". Eppure il nome non ha origine da un personale inconscio e incontrollato impulso, ma è incline alle volontà di soggetti terzi. Nell'animo abbiamo l'immagine nitida e pura di noi stessi: per chi riesce a guadarsi può vedere anche il proprio cuore andando oltre l'indagine anatomica. E quindi di chi è questo cuore?

Il gesto estremo, che si tinge di solipsismo, che rinnega la bellezza, che va controcorrente, che può risultare narcisistico, è quello di colui che riesce a cogliere se stesso dalla massa informe e senza paura tenta di guardarsi dentro, di scorgere (per capire), in fondo al marasma emotivo e al di là delle consuetudini sociali, di chi è realmente il suo cuore.

Su Twitter viene raccontato così...











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