tag:blogger.com,1999:blog-4375680193179667199.post4409493007573900014..comments2023-09-05T17:48:40.019+02:00Comments on Sara Durantini: Digital Journalism. Quale futuro e quali spazi per i giovani giornalistiSaraDurantinihttp://www.blogger.com/profile/05422023426970276850noreply@blogger.comBlogger8125tag:blogger.com,1999:blog-4375680193179667199.post-43497726821835900932012-09-07T10:06:28.951+02:002012-09-07T10:06:28.951+02:00@Ornella B. il mio commento arriva con molto ritar...@Ornella B. il mio commento arriva con molto ritardo e me ne scuso, complici le vacanze e le attuali pianificazioni per il futuro. E proprio da questo vorrei riprendere il discorso dalle pianificazioni per il futuro, dalle scelte davanti alle quali spesso ci troviamo. <br />Sono d'accordo quando dici "al momento la soluzione concreta più immediata per i lavori indecenti mi sembra quella di non accettarli e di costringere il datore di lavoro a fare marcia indietro". Così come sono d'accordo quando affermi "E trattandosi di lavoro gratis, tanto vale farlo per sé stessi attraverso un blog, no?" (la mia idea di blog nasce proprio in seguito a svariate testate che dietro i mesi di prova per "testare le mie capacità" nascondevano i loro reali intenti cioè avere gente che scrivesse per loro gratis, curando i contenuti e le fonti, facendo quindi crescere la testata per poi piantare a casa i cosiddetti stagisti sostituendoli con altre persone da sfruttare). Sono anche d'accordo quando, rispondendo a @Nic, ti domandi (ma in realtà è una domanda aperta): "Dato che di stage realmente formativi o retribuiti sembrano essercene pochi, e dato che l'equo compenso è un miraggio lontano, ci si trova di fronte ad un bivio: lavorare a condizioni indegne o non lavorare?". E il punto è proprio questo. Con una famiglia (e non parlo solo del mio caso specifico, credo di poter rappresentare un certo numero di persone, con affitto e spese quotidiane una persona comune quale strada dovrebbe percorrere? La mia idea di formazione è sempre stata orientata alla specializzazione e alla settorializzazione (e in questo devo soprattutto ringraziare mio marito), specializzarsi il più possibile in un settore, studiare, fare ricerca, sudare e solo alla fine raccogliere i frutti di tanto lavoro. Ma in simili condizioni com'è possibile? Non si finisce forse per cercare lavori generici che magari non hanno nulla a che fare con il proprio percorso di studi e con la propria formazione ma che permettono di sostenere le spese quotidiane, permettono un'istruzione al figlio? E di nuovo un'altra domanda: che futuro avrà mio figlio (e i nostri figli) in questo Paese e in questo sistema? SaraDurantinihttps://www.blogger.com/profile/05422023426970276850noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4375680193179667199.post-25653550072384137862012-08-01T13:05:14.896+02:002012-08-01T13:05:14.896+02:00@Sara: Beh, hai citato la mia frase per intero qui...@Sara: Beh, hai citato la mia frase per intero quindi non lasciare da parte quel "nulla più" che voleva automaticamente escludere chi pubblica annunci promettendo il tesserino pur specificando che non vi sarà retribuzione! In questo caso è chiaro che si tratta di un messaggio irregolare. Ma, sempre a proposito di complessità, bisogna anche dirla tutta, ossia che il datore di lavoro che, andando contro la legge, non paga i collaboratori e poi fa prendere loro il tesserino, sta commettendo un reato insieme ai collaboratori! Dato che grazie ad alcune importanti sentenze il rischio di beccarsi una condanna per il reato di stampa clandestina è notevolmente diminuito, quella del tesserino non è più un'arma di ricatto, non è che solo i giornalisti possano scrivere. E trattandosi di lavoro gratis, tanto vale farlo per sé stessi attraverso un blog, no? Se poi vogliamo andare ancora più a fondo, esiste anche la libertà di denunciare le testate che operano questa messinscena (facciamo il 90% di quelle esistenti?) all'Ordine. E se si potessero iscrivere a questo benedetto Ordine solo quelli che sono stati davvero pagati, altro che settantamila, forse manco settecento ce ne sarebbero. Sul fatto che sia necessario mettere in guardia da annunci pericolosi sono più che d'accordo (altrimenti il mio blog non avrebbe senso d'esistere, per dire). Per quanto riguarda la libertà d'impresa, purtroppo succede esattamente quello che dici tu, anche in settori diversi (tanto per fare un esempio: hai presente quando una fabbrica chiude in Italia e spunta magicamente in Bangladesh, in Marocco o in Romani? Bene, succede perché l'imprenditore è libero di sfruttare manodopera a costi molto più bassi. Per noi sarebbe illegale pagare duecento euro al mese un operaio a tempo pieno, eppure). Ma al momento la soluzione concreta più immediata per i lavori indecenti mi sembra quella di non accettarli e di costringere il datore di lavoro a fare marcia indietro.Ornella B.https://www.blogger.com/profile/12993174469179954725noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4375680193179667199.post-57656197422968627082012-08-01T12:50:46.969+02:002012-08-01T12:50:46.969+02:00@Nic: Ci tengo a precisare che io stessa ho spesso...@Nic: Ci tengo a precisare che io stessa ho spesso messo alla berlina annunci stupidi o indecenti, che io stessa sono rimasta incastrata in questo orrendo meccanismo che ti obbliga a dare e non ti restituisce niente, etc. La mia vuole essere una considerazione di tipo diverso, non una difesa delle cacchiate che si trovano scritte in giro. Intanto, da pubblicista, ti dico che "iniziare" e "prendere il tesserino" è totalmente inutile se non hai modo di "continuare" e di "entrare in una redazione". Anzi, è proprio con la ghiotta esca del "cominciare" che molti entrano nel tunnel dello sfruttamento per non uscirne mai più. Ti dico anche che, per come la vedo io, gli stage seri ed i pagamenti "minimi" sarebbero una cosa santa, ma si tratta di roba per persone che vivono ancora con i genitori o possono permettersi di lavorare a costo (quasi) zero. Come hai detto tu, una persona che ha da mantenere la famiglia non fa il giornalista, a queste condizioni. Vorrebbe, ma non lo fa. Anche chi non ha figli e vorrebbe fare il giornalista, dovrebbe semplicemente non farlo se la condizione è lavorare gratis per anni. Dato che di stage realmente formativi o retribuiti sembrano essercene pochi, e dato che l'equo compenso è un miraggio lontano, ci si trova di fronte ad un bivio: lavorare a condizioni indegne o non lavorare? Chi si trova a fare questa scelta non ha nessuna colpa, eppure deve decidere. E dato che alla fine molti preferiscono optare per il lavoro non retribuito, è evidente che si tratta di una formula efficace, per quanto sbagliata ed esecrabile. A proposito di formula efficace, riguardo alla caccia al clic effettuata dai siti di informazione: a quanto pare anche questa funziona piuttosto bene, e dovremmo riflettere a riguardo. <br /><br />Certo, esiste chi paga per avere qualcosa, ma credo che comunque il numero delle persone che preferisce usufruire gratuitamente delle informazioni su internet sia leggermente più grande di quello delle persone che pagano.(Per la cronaca, l'app di Repubblica fino alla penultima versione è gratuita). <br />Altrimenti le persone continuerebbero a comprare i giornali o (che, per quanto obsoleti e meno "pratici" dei link, sono rimasti indietro più per una questione economica che materiale, sempre secondo me) o a sottoscrivere decine di migliaia (e non centinaia) di abbonamenti; se invece tutti i siti di informazione chiedessero soldi, certamente le persone ci penserebbero un attimino in più per decidere se spenderli o meno, farebbero una scelta più ragionata. Poi potrebbero anche optare per la cosa qualitativamente peggiore (lo standard qualitativo di chi lavora nel mondo del giornalismo è talvolta leggermente diverso da quello del semplice lettore), ma tutti avrebbero modo di far parte di un mercato competitivo. E certo, anche io vorrei che tutti quegli annunci venissero inseriti alla voce "Volontariato", ma così non è e finché sarà così, bisogna denunciare questo tipo di annunci e agire per sé stessi (magari sperando che anche gli altri vengano informati), non reiterando comportamenti che si riveleranno nocivi per noi stessi nell'immediato futuro. Quindi, giusto per chiarire il mio pensiero, credo che ognuno debba provare ad agire da essere senziente e non da pedina, provando ad invertire questo rapporto di forza tra datore di lavoro e lavoratore. Ma è anche una questione di mentalità, e lì non si può mica fare una legge per cambiarla.Ornella B.https://www.blogger.com/profile/12993174469179954725noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4375680193179667199.post-36090155844108844502012-08-01T08:34:17.252+02:002012-08-01T08:34:17.252+02:00@Ornella.B non è sempre vero che "Nessuno può...@Ornella.B non è sempre vero che "Nessuno può impedire ad una persona di creare un sito internet, chiamarlo “start up” e promettere visibilità e nulla più" in quanto quando questa formula sfocia in dichiarazioni del tipo "non ti diamo retribuzione ma è comunque un'esperienza che vale per avere il tesserino da pubblicista" non solo la persona in questione ci sta letteralmente prendendo in giro ma sta anche andando contro la legge: avere degli stagisti, non registrati e che superano un certo numero a fronte di un numero di dipendenti pari a uno, massimo due e magari (anche questi ultimi) con un contratto a progetto significa andare contro la legge. L'azienda che necessita di uno stagista deve regolarizzarlo attraverso una formula idonea avvalendosi del proprio consulente del lavoro. Inoltre il numero degli stagisti non può essere a piacimento del titolare dell'azienda, redazione o giornale che sia perché ci sono regole molto precise, altrimenti al primo controllo della finanza si chiude. Quindi ognuno è libero di avviare un progetto ma non di infrangere la legge. Altrimenti, così facendo, diamo libertà allo sfruttamento di qualsiasi genere sulla base del "tanto siamo tutti liberi di aprire un'attività"...<br /><br />Anch'io come @nic, sono d'accordo con te nel dire che basterebbe non accettare questi lavori per far morire gli annunci. Purtroppo non è sempre così facile nel senso che se pochi riconoscono la truffa o l'inganno che si nasconde dietro, tanti giovani invece cadono nell'errore che ci si possa accontentare della "visibilità" sperando in una futura assunzione, di qualsiasi tipo, per avere il tesserino da pubblicista.SaraDurantinihttps://www.blogger.com/profile/05422023426970276850noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4375680193179667199.post-84661784810611675162012-07-31T20:16:43.779+02:002012-07-31T20:16:43.779+02:00Non sempre pensare a cosa si vuole e cosa non si v...Non sempre pensare a cosa si vuole e cosa non si vuole basta. Si deve pensare anche a cosa si può fare e cosa non si può fare. Una persona che deve mantenere una famiglia e un affitto vorrebbe tanto fare il giornalista magari, o lo scrittore, ma il "mercato" non glielo consente. Secondo me la situazione non è tanto complicata, basterebbe che queste tante aziende offrissero degli stage reali o delle minime retribuzioni, tanto basterebbe a concludere il percorso da pubblicista. Ma purtroppo per la maggior parte delle persone che scrive su testate giornalistiche online non c'è retribuzione e molte volte non c'è neanche possibilità di firma, questo preclude anche di poter iniziare il percorso. Basterebbe poco, ma quasi nessuno ti offre una reale possibilità.<br />Se vogliamo parlare di qualità, poi, questa purtroppo non conta. Le testate che si basano sulla rotazione di falsi stagisti producono contenuti di basso livello, siamo d'accordo, ma purtroppo la cosa non è di prioritaria importanza per loro. Puntano su altri concetti come "parole chiave", "seo", "uscire primi su google", "adwords", "adsense", insomma tutte cose che ti permettono di fare soldi tramite la pubblicità, tutti aspetti per cui la qualità non serve, ma è sufficiente il "click". Dopo il click l'obiettivo è già raggiunto, che poi il contenuto dica qualcosa di interessante o meno, non è importante. Quindi queste aziende guadagnano e non pagano la forza lavoro. Secondo me il problema esposto da Sara è ben più grave di quanto sembri, è al limite della legalità, per tanti aspetti.<br />Infine non è neanche vero che gli italiano non vogliono pagare nulla per film, musica, ecc. iTunes è la piattoforma più diffusa al mondo e tutto costa (tranne qualche podcast) e francamente per la qualità che offre sono ben contento di pagare. Credo che se l'informazione fosse fatta veramente come si deve, la gente pagherebbe. Come avviene già per i giornali online (su mobile) come repubblica.it, stampa.it, ecc. che vantano centinaia di abbonamenti.<br />Concludo con un ultimo pensiero: sono d'accordo con te che basterebbe non accettare un lavoro del genere per far morire questi annunci, ma allora voglio chiarezza, anche io voglio la parola "volontariato". La maggior parte degli annunci sono ingannevoli, promettono, danno false speranze e quasi mai mantengono, con il risultato che la gente, piena di illusioni, risponde, "fa un tentativo" e perde tempo (oppure credete ancora alla leggenda che vale cmq come esperienza perchè s'impara a scrivere? certo, s'impara a scrivere in una lingua comprensibile a un unico lettore: google bot).Nichttps://www.blogger.com/profile/03690331739692717816noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4375680193179667199.post-81710295522160027042012-07-31T17:18:48.163+02:002012-07-31T17:18:48.163+02:00Le questioni affrontate in quel post sono tristeme...Le questioni affrontate in quel post sono tristemente note e piuttosto complesse: per quanto mi riguarda la critica (distruttiva e non) è una fase fondamentale di quel percorso labirintico, ostico e spesso deludente che porta a lavorare nel campo del giornalismo (e non solo in quello). Ma si tratta di una fase. Poi bisogna pensare a cosa si vuole e a cosa non si vuole. Nessuno può impedire ad una persona di creare un sito internet, chiamarlo “start up” e promettere visibilità e nulla più, e nessuno ci obbliga ad accettare un lavoro gratuito per poter avere la visibilità e nulla più. Di sicuro c’è che la maggior parte delle persone che riescono a trovare spazio grazie alla mancanza di regole e “gabbie” che contraddistingue internet, non potrebbero mai riuscire a farsi avanti all’interno di un mercato del lavoro rigido e severo: ecco perché spesso (ovviamente esistono delle eccezioni) si pone il problema della qualità, perché non esiste un padrone, un finanziatore, una figura posta a controllare, il cui obiettivo sia quello di verificare la bontà del prodotto. E se d’altro canto vogliamo essere liberi di ascoltare la musica che vogliamo senza pagare, guardare una fotografia, magari scaricarla e stamparcela a costo zero, etc, dobbiamo anche pensare che allo stesso modo qualcuno vorrà essere libero di accedere gratuitamente ai siti di informazione senza andare troppo per il sottile. Certo che, finché la qualità media dei siti di informazione rimarrà ai livelli attuali, non esisterà una ragione per iniziare a pagare.<br /><br />Poi è sempre una questione di punti di vista: per alcuni lavorare gratis si chiama “spirito di abnegazione” ( magari si beccano anche i complimenti perché c’hanno la passione vera e bruciante, la determinazione), per dire. Vorrei avere una visione più chiara del tutto, o delle soluzioni, ma purtroppo non è così. Penso che lavorare gratis sia sbagliato perché è come uno stigma, penso che sia fondamentale assumersi la responsabilità delle proprie scelte ed essere consapevoli del fatto che ciò che vogliamo non ci verrà mai concesso: dobbiamo prendercelo, o lasciarlo lì dov’è.Ornella B.https://www.blogger.com/profile/12993174469179954725noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4375680193179667199.post-44639627679990053622012-07-30T18:31:54.210+02:002012-07-30T18:31:54.210+02:00Il fatto che il lavoro "creativo" (o int...Il fatto che il lavoro "creativo" (o intellettuale) non venga retribuito lo trovo abbastanza grave perché porta alla stagnazione di una professione che dovrebbero invece essere in costante rinnovamento. Chi vuole fare questo mestiere deve essere in apprendimento continuo (come dice Granieri) ma a questo bisognerebbe accostare degli ambienti lavorativi altrettanto rinnovabili e aperti al confronto.SaraDurantinihttps://www.blogger.com/profile/05422023426970276850noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-4375680193179667199.post-22889121178481840022012-07-30T15:05:21.703+02:002012-07-30T15:05:21.703+02:00Quoto la voce "volontariato", tanto più ...Quoto la voce "volontariato", tanto più quando l'esperienza apportata è la propria e non quella maturata sul lavoro, nel caso di giovani agli esordi. Purtroppo questa cosa avviene in quasi tutti gli ambiti che potrei definire " creativi", non è il termine più adatto ma è per identificare quei lavori che non si basano su competenze matematiche e che invece si basano anche su capacità personali non oggettivamente qualificabili.Clyohttps://www.blogger.com/profile/04757248117338288180noreply@blogger.com