Il bisogno estatico di una narrazione pura: I Racconti, John Cheever.



Questa recensione è uscita sulla rivista Letteratu.

Recentemente mi è capitato di raccontare il mio primo approccio verso i racconti di Cheever: disordine. Una manciata di frasi che giocano con una narrazione scoordinata, animata da un realismo scarno ma equilibrato, a tratti feticista, affezionata a un'ideale di letteratura che si fonda sull'intuizione, "la percezione, i sogni, i concetti" (Cheever durante un'intervista per il Paris Review nel 1976). 
La costante rivoluzionaria della sua letteratura è un baluginare tra meraviglia e stupore, tra smarrimento e disillusione. Quella che spesso è stata definita dai critici come una scrittura chirurgica, che mette mano tanto alla realtà sociale nella quale Cheever ha vissuto quanto alla sfera umana, potrebbe invece essere letta come il bisogno estatico di una narrazione pura, in cui la metafisica delle emozioni predomina sulla contingenza del racconto stesso. 

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