Esposizione d'arte senz'arte: la Pop Art di Andy Warhol


Dopo l'inaugurazione dell'esposizione senza dipinti all'Institute of Contemporary Art di Filadelfia nel 1965, Andy Warhol disse che era stato contento di aver potuto filmare le reazioni degli invitati. In quell'occasione Warhol diede libero sfogo a ciò che più amava fare ovvero osservare, fotografare e filmare. Warhol osservatore è il Warhol che affermava, di se stesso come artista, di essere "passivo" poiché era alla mercé degli oggetti osservati. 





Tra gli anni sessanta e gli anni settanta il potere dei mass media fa leva sulla comunicazione e produzione di massa. Il principio cardine seguito è "la quantità forma la qualità", criterio applicato anche e soprattutto da Warhol. La Pop Art di Warhol si innesta nella banalità del quotidiano estrapolando i simboli di un'epoca senza precedenti. Mitizzare ciò che già è diventato mito e ripeterlo.

Le produzioni serigrafiche su tela iniziano nel 1962 con le stelle del cinema (Marilyn Monroe, Liz Taylor, Elvis Presley...) e continuano con personaggi appartenenti al mondo del'arte (Monna Lisa, Robert Rauschenberg, Leo Castelli...) ma anche con i simboli di sentimenti (fiori, baci...) e dell'epoca (francobolli, marchi, etichette, articoli di consumo). 

La ripetizione dello stesso oggetto è ricerca ossessiva della perfezione che porta ad opere differenti tra loro, banali per il soggetto riprodotto ma uniche nel loro genere. Innovative. Si tratta di un'innovazione disturbante, una manipolazione di ciò che di più kitsch caratterizza la cultura dell'epoca. Una trasformazione dell'oggetto, quella che avviene per mano di Andy Warhol, che è rivelazione estetica dell'oggetto stesso.

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